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Una bella storia dall'EuroGex 2010

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 CONFEDERAZIONE

ISPETTORIALE

NORD EST

          

 

 

Come canta il passero

A molti giovani
oggi mancano le prospettive per il futuro. Questo porta anche conseguenze
psicologiche. Le depressioni aumentano man mano e soprattutto tra i giovani.

Giovanni Bosco
fu, nella Torino del Diciannovesimo secolo, un carismatico pastore di anime, un
amico dei giovani difficili, soprattutto.

Con il
presupposto che i problemi della gioventù della sua epoca erano diversi da
quelli di oggi.

Tuttavia,
Giovanni Bosco continua ad essere un modello particolare di come incontrare i
giovani.

La sua coscienza
sociale, la sua capacità di sintonizzarsi con gli altri e, soprattutto, il suo
progetto vitale ottimista attraevano i giovani.

Ne conseguiva
che nella sua attività come educatore di giovani difficili, questo pastore di
anime non utilizzava mezzi coercitivi né castighi. Ricorreva all’amore e alla
confidenza. Aveva capito la
Parola di Gesù riguardo alle preoccupazioni. Gesù si riferiva
alla fiducia degli uccelli del cielo, che semplicemente volano, emettono i loro
cinguettii e confidano in ciò che Dio gli dà da mangiare.

A partire da qui
la formula di don Bosco nel consigliare: “Fate come gli uccelli, che non
smettono di cantare quando il ramo si rompe, perché sanno di avere le ali”.

Il realismo e il
tenere i piedi terra sono molto importanti. Però abbiamo la necessità di avere
anche la leggerezza del passero, che canta anche se si rompe il ramo sopra il
quale si è posato.

Come il passero,
anche la nostra anima possiede le ali. Può aiutarci a superare i nostri
problemi quotidiani. Dà a noi le ali così ci aiuta a considerare tutto da un
altro punto di vista. Allora le nostre preoccupazioni e le paure sono relative.

In mezzo al
tremore che fa tremare il suolo, noi eleviamo la nostra anima al cielo dove non
ci può raggiungere il timore!

Il consiglio di
serenità che l’ha trasformato in Parola
alata
arriva ugualmente da don Bosco: “Siate come gli felici e cantate come
i fringuelli!”.

 

Don Bosco e Dickens, di Josè Diego Farrè Portales

A prima vista si
tratta di due personaggi ben distinti. Separati per la geografia, la religione
(uno anglicano e l’altro cattolico) e la cultura.

Un parallelismo
impossibile. Però in questo articolo cerchiamo di esaminare quello che possono
avere in comune nelle loro vite. E vi assicuro che non è poco.

Uno, Dickens,
nasce nel 1812 e l’altro, Giovanni Bosco, nasce nel 1815. Entrambi quindi erano
immersi negli inizi selvaggi del Capitalismo. Entrambi hanno avuto un’infanzia
difficile e sono stati costretti a lavorare. Conoscevano la fatica della vita
del bambino che lavora, però entrambi avevano una volontà ferrea di studiare e
di affermarsi presto nella vita.

Provavano pietà
per la vita che è obbligata a soffrire nell’infanzia e nella gioventù del loro
tempo. In entrambi il carcere avrà un’influenza importante. Dickens dovrà
vedere suo padre in carcere e don Bosco era cappellano nelle carceri di Torino
e la coscienza sociale che lì era richiesta ebbe una parte molto importante
sulla decisione di dedicarsi ai giovani.

Entrambi
sentivano lo stesso di fronte alla gioventù sfruttata e abbandonata da parte
dello Stato.

Uno rendeva
cosciente il mondo con i suoi libri; l’altro si dava da fare per risolvere il
problema. Uno si muoverà nel campo delle idee (bisogna sopprimere le violenze e
le scuole disumane, ma Dickens non sa come rimpiazzarli) e l’altro, Giovanni
Bosco, creerà un metodo educativo (il sistema preventivo), le istituzioni e la Congregazione
Salesiana perché il suo metodo sia esteso nello spazio e nel
tempo.

Uno sarà prima
di tutto un idealista e l’altro una persona pratica e sensibile al disanimo.

Nel
Diciannovesimo secolo ci furono la fondazione delle Congregazioni docenti e
ospedaliere che rispondevano all’enorme miseria delle masse abbandonate e
sfruttate promuovendo azioni negli ospedali, nelle scuole, negli asili e dove
lottare contro lo Stato che, non solo non risponde alle necessità del popolo,
ma che porterà all’attuazione della missione ecclesiale in questo tipo di
difficoltà.

Tanto coloro che
hanno letto Oliver Twist o David Copperfield e prendevano coscienza quindi del
problema, così quelli che incontravano nell’Opera Salesiana una forma di
attuazione, un metodo e una chiara linea di azione, possono definirli una
soluzione pratica a un grave problema. Da qui l’accumulo delle donazioni che
hanno permesso (e continuano a permettere) ai Salesiani di espandersi per tutto
il mondo con un’intensità che sembra non tener conto che la Congregazione
Salesiana conta solo 150 anni di esistenza.

Senza frati
mendicanti i salesiani, come don Bosco, crebbero (e crescono) sempre
velocemente grazie alla beneficienza e alle donazioni.

Entrambi
criticarono ferocemente il sistema educativo del loro tempo basato sulla
disciplina dura, i castighi fisici e la mancanza di rispetto della dignità
dell’alunno. Entrambi criticarono una scuola in cui era assente l’allegria e
l’affetto. Di certo nessuno dei due era un rivoluzionario. Non desideravano
cambiare l’ordine delle cose, però di certo volevano migliorarle con un po’ di
buona volontà, di amore e di dignità.

Oliver Twist
viene pubblicato nel 1838 e David Copperfield nel 1850. Sono gli anni cruciali
della presa di coscienza sociale di Giovanni Bosco. Vivendo a Torino, scopre
una nuova lezione sulla miseria umana: quella delle grandi città, la peggiore
di tutte. Osserva sopraffatto l’immagine abbietta e dolorosa della decadenza
morale che infuriava su tutto il mondo della gioventù operaia. Sono gli anni in
cui il suo spirito è in pieno fermento. Nel 1841 sarà ordinato sacerdote. Ha 26
anni. Quello stesso anno conosce Bartolomeo Garelli e comincia a lavorare con i
giovani. Nel 1846 il suo oratorio si stabilisce definitivamente alla Tettoia
Pinardi. Nel 1852 compie i primi passi per formare una congregazione religiosa
che nel 1854 chiamerà Congregazione Salesiana e che sarà riconosciuta nel 1859.
Nel 1848 Dickens viaggia in Italia con la sua famiglia. Dato che attraversa la Francia e la via d’accesso
in Italia da questo Paese è Milano o Torino avrebbe potuto conoscere l’opera di
don Bosco o l’oratorio. Sicuramente non lo fece. Per lo meno non c’è nessuna
prova di questo. Però non era necessario. Entrambi sono figli dello stesso
tempo, videro le stesse miserie e le loro menti conversero nello stesso stato
d’animo verso i bambini e i giovani sfruttati.

Nelle sue storie
Dickens persegue sempre un obiettivo morale, o attaccare un vizio, l’ipocrisia
o l’avarizia, per denunciare situazioni di ingiustizia e moralmente
riprovevoli. Giovanni Bosco ha sempre lavorato per disfare le ingiustizie e
formare rettamente la coscienza morale dei propri alunni. E così anche dei
lettori del Bollettino Salesiano. Entrambi conoscono bene l’importanza della
stampa per diffondere idee morali e modelli di comportamento socialmente utili
e moralmente accettabili. Don Bosco fu stampatore ed editore. La formazione dei
tipografi, compositori e stampatori fu molto importante nei primi Collegi
Salesiani, dove sono stati stampati sempre i propri testi e le pubblicazioni.
Dickens fu giornalista e conosceva bene il mondo della stampa.

Dickens formò i
suoi 10 figli nel rispetto di cuore alla religione cristiana e nella sana
abitudine di leggere il Nuovo Testamento. E consigliò sempre ai suoi figli di
non abbandonare l’abitudine di pregare. Non è mai stato un puritano. Difese il
sano divertimento e la gioia della vita vissuta con ottimismo. Don Bosco formò
sempre i suoi giovani alunni nel seguire rettamente la religione come cammino
per essere persone migliori e cittadini onesti.

È curioso che
Dickens amasse molto i giochi di magia, che realizzava frequentemente per
divertire i suoi figli o i suoi invitati. Don Bosco faceva lo stesso per
distrarre i suoi ragazzi dell’Oratorio e il suo hobby era tale che oggi egli è
il patrono dei maghi.

Entrambi
scrissero una Storia divulgativa del proprio Paese. Dickens una ‘Storia
dell’Inghilterra’ per bambini e don Bosco una ‘Storia d’Italia’ per i giovani.
Entrambi gli scritti sono oggi poco apprezzati però furono molto letti nel loro
tempo.

Benedetto XVI ha
citato esplicitamente don Bosco (‘Deus caritas est, 40’) come ‘insigne modello
della carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà’ e ‘vero portatore
di luce nella Storia’.

Dickens era un
ottimista. Don Bosco anche. Entrambi volevano bandire la tristezza dalla vita
quotidiana. Per entrambi dobbiamo ringraziare Dio.

 

Malaga, lì 26/04/2010

 

 

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