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“Et Verbum caro factum est” Come l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia, così la Parola genera la Chiesa e la Chiesa attualiz...

“Et Verbum caro factum est”

Come l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia, così la Parola genera la Chiesa e la Chiesa attualizza la Parola

La Proposta Formativa di quest’anno pastorale, che ci vede impegnati ad approfondire e fare esperienza di una “Chiesa, casa per molti, madre per tutti”, trova nell’Eucaristia domenicale il fondamento della Chiesa stessa. “E’ l’Eucaristia che fa la Chiesa e la Chiesa che fa l’Eucaristia”. Eucarestia che è “mensa della Parola di Dio” e “mensa del Pane eucaristico”. La Parola di Dio fa parte di una delle 'due mense' dell'Eucaristia: la tavola della Parola e la tavola del pane e del vino eucaristici. E' un'unica mensa del Pane e della Parola".

Nel Natale noi contempliamo l’incarnazione di questa Parola: “Et verbum caro factum est”. "Dio che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo" (Eb 1,1-2)

Il Dio della Bibbia non è un Dio muto: è un Dio che parla agli uomini per entrare in comunicazione, in comunione con loro.

Dice la Dei Verbum: "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare Se stesso e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura.

Con questa rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sè.(DV2). Quel bambino che contempliamo nel presepio è per noi la rivelazione del volto di Dio. "Piacque a Dio rivelare se stesso": l'accento viene posto non tanto sulle singole verità rivelate, ma su Dio che si rivela, e che si rivela donandosi "per invitare e ammettere gli uomini alla comunione con sé" e si rivela in Cristo, "il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione".

Così la Parola ha piantato la sua tenda tra di noi, ha scelto di essere Parola nostra, Parola che si cala quotidianamente nelle nostre vite, nelle nostre culture.

Il Cristianesimo non è la religione del libro.

"Non è la religione della Bibbia, ma di Gesù Cristo" (De Lubac).

Egli è la pienezza della Rivelazione, "è il cuore della Parola di Dio".

Sicché i libri veterotestamentari inseriti nel Canone cristiano vanno compresi alla luce interpretativa determinante della persona di Gesù Cristo. Ugo di San Vittore dirà: "Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest'unico libro è Cristo, perché tutta la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento" e S. Agostino: "L'AT è profezia del NT; e il miglior commento dell'AT è il NT". “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo” (S. Girolamo).

*In Gesù Dio è Parola che rivela misteriosamente, ma con tutta verità:

– chi è Dio (l'amore di Dio, la debolezza di Dio per l'uomo!);

– chi e l'uomo (creato a immagine di Dio, fatto poco meno degli angeli, famigliare di Dio… );

– quale via ha scelto Dio per salvarci: "Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo … facendosi obbediente fino alla morte in croce" (Fil 2,7-8).

*In Gesù Dio è Parola che salva

-"La nostra debolezza è assunta dal Verbo,

l'uomo mortale è innalzato a dignità perenne…" ( III Prefazio di Natale)

– A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12.13)

– “rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna"

*In Gesù Dio è Parola da accogliere e donare -"Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore"(Os 2,16).

-"Attirerò a me": si tratta di lasciarsi trarre fuori, uscire da preconcetti, sicurezze, schemi… è un esodo (lasciare, essere staccati, impoveriti…). -"Condurrò nel deserto": umiltà-obbedienza nel lasciarsi condurre, essenzialità… verità.

-"Parlerò al cuore": conversione, cuore nuovo, cuore ammaestrato, cuore docile.

La Parola di Dio plasma la mia lingua, le mie labbra, il cuore: "Sarai come la mia bocca…" (Ger15,16)

Tacciono le parole: "il verbo tuo zitti parole mie' (Clemente Rebora).

1. In ascolto della Parola

"Elemento essenziale della formazione spirituale è la lettura meditata e orante della Parola di Dio" "Prima sorgente di ogni spiritualità cristiana" affermava GP II.

"La Parola di Dio deve essere la prima fonte che ispira la vita spirituale nelle varie pratiche, come esercizi spirituali, ritiri, devozioni ed esperienze religiose". Siamo invitati a una lettura orante della Parola, in modo da suscitare una obbedienza totale e incondizionata a Dio che parla.

La Parola di Dio è realtà vivente, operante, efficace (Is 55, 10-11).

La rivelazione divina è chiusa; in un certo senso, non ci sono più parole di Dio, ma —diceva il predicatore della Casa Pontificia — Dio parla anche oggi nella Chiesa e parla nel Figlio". La parola di Cristo infatti "ha cessato di esistere come evento, ma esiste ancora come sacramento… Le parole di Dio 'avvenute' una volta per sempre e raccolte nella Bibbia, tornano ad essere 'realtà attiva' ogni volta che la Chiesa le proclama e lo Spirito, che le ha ispirate, torna ad accenderle nel cuore di chi le ascolta".

"La lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata, per trasformarsi in preghiera, è radicata nella celebrazione liturgica" (CCC 1.177).

La predicazione di Cristo così non è sigillata nel passato, ma continua nella Chiesa, perché la "liturgia della Parola" nella Messa è "l'attualizzazione liturgica del Gesù che predica".

Il Vat.II ci ricorda che "Cristo è presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura" (SC 35).

Il momento privilegiato per entrare in contatto con la parola di Gesù è dunque la liturgia della Parola nella Messa. Infatti, "ascoltate nella liturgia — dice Cantalamessa — le letture bibliche acquistano un senso nuovo più forte di quando sono lette in altri contesti. Non hanno tanto lo scopo di conoscere meglio la Bibbia, come quando si legge a casa o in una scuola biblica, quanto quello di riconoscere colui che si fa presente nello spezzare il pane, di illuminare ogni volta un aspetto particolare del mistero che si sta per ricevere".

Nella celebrazione, le parole e gli episodi della Bibbia "non sono soltanto narrati, ma rivissuti; la memoria diventa realtà e presenza. Ciò che avviene 'in quel tempo'

avviene 'in questo tempo',(hodie) come ama esprimersi la liturgia".

Così non siamo soltanto uditori della parola, ma interlocutori e attori in essa.

E' a noi, lì presenti, che è rivolta la parola: siamo chiamati a prendere noi il posto dei personaggi evocati.

Non possiamo lasciare cadere nel vuoto le parole di Dio ascoltate nella Messa o nella Liturgia delle ore, perché "ce n'è quasi sempre una destinata in particolare a noi". Vedi il caso di S. Agostino che leggendo le parole di Paolo ai Romani 13,1lss: "Gettiamo via le opere delle tenebre… Comportiamoci onestamente come in pieno giorno; non fra impurità e licenze", sentì una 'luce di verità' balenargli nel cuore e capì che era guarito dalla schiavitù della carne.

"La Scrittura deve essere letta e interpretata nello stesso Spirito nel quale fu scritta"(DV 12). "E' una Parola che opera quasi per se stessa 'ex opere operato' come si dice in teologia".

"Nel cammino di penetrazione del mistero della Parola di Dio, Maria di Nazareth… rimane il modello vivente di ogni incontro personale e comunitario con la parola, che essa accoglie nella fede, medita, interiorizza e vive”.

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