INTRODUZIONE 1. La Chiesa in Italia e la questione meridionale. A vent’anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo nella solidarietà. Ch...
INTRODUZIONE
1. La Chiesa in Italia e la questione meridionale.
A vent’anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, vogliamo riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d’Italia e
ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all’attenzione della comunità ecclesiale nazionale, nella convinzione «degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale […] alla luce dell’insegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di speranza».
Torniamo sull’argomento non solo per celebrare l’anniversario del documento, né in primo luogo per stilare
un bilancio delle cose fatte o omesse, e neppure per registrare con ingenua soddisfazione la qualificata presenza delle strutture ecclesiali nella vita quotidiana della società meridionale, ma per intervenire in un dibattito che
coinvolge tanti soggetti e ribadire la consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese. Nel 1989 sostenemmo: «il
Paese non crescerà, se non insieme». Anche oggi riteniamo indispensabile che l’intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole
parti.
Ci spingono a intervenire la constatazione del perdurare del problema meridionale, anche se non nelle
medesime forme e proporzioni del passato, e, strettamente connessi, il nostro compito pastorale e la responsabilità morale per le Chiese che sono in Italia. A ciò si aggiunge la consapevolezza della travagliata fase economica che anche il nostro Paese sta attraversando. Questi fattori si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori. Non si può,
infine, tralasciare la trasformazione della religiosità degli italiani che, pur conservando un carattere popolare, fortemente radicato soprattutto nel Sud, conosce processi di erosione per effetto di correnti di secolarizzazione.
Affrontare la questione meridionale diventa in tale maniera un modo per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi e sul cammino delle nostre Chiese.
Tanti sono gli aspetti che si impongono all’attenzione: anzitutto il richiamo alla necessaria solidarietà
nazionale, alla critica coraggiosa delle deficienze, alla necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione, all’urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti. Questi aspetti rendono difficile
farsi carico della responsabilità di essere soggetto del proprio sviluppo. Sul versante pastorale, vogliamo anche cogliere l’occasione per incoraggiare le comunità stesse, affinché continuino a essere luoghi esemplari di nuovi rapporti
nterpersonali e fermento di una società rinnovata, ambienti in cui crescono veri credenti e buoni cittadini. A richiamare, poi, la nostra attenzione − e non per ultime − sono le molteplici potenzialità delle regioni meridionali, che
hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che, soprattutto grazie ai giovani, rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita dell’intero Paese.
Facciamo appello alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a
una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall’Italia intera nell’articolazione di una
sussidiarietà organica. La prospettiva della condivisione e dell’impegno educativo diventa in questa ottica l’unica veramente credibile ed efficace.
2. Guardare con amore al Mezzogiorno
Ci rendiamo conto di trovarci in una congiuntura di radicali e incalzanti mutamenti. Molti di essi non saranno
positivi per il Mezzogiorno, se esso non reagirà adeguatamente e non li trasformerà in opportunità. Potrebbero, infatti, acuirsi antiche debolezze e approfondirsi limiti radicati, che rischiano di isolare il Mezzogiorno tagliandolo fuori dai grandi processi di sviluppo.
Le considerazioni che seguono non hanno il carattere di un’analisi economica, né presumono di avere nel merito
della questione meridionale un profilo risolutore e definitivo. Vogliamo piuttosto lasciarci guidare dalla fiducia nella bontà di un giudizio ragionevole sulla situazione sociale e culturale del nostro Paese, illuminati dalla luce della fede coltivata nell’alveo della comunione ecclesiale, per dare un contributo alla comune fatica del pensare, facendo affidamento non tanto in una nostra autonoma capacità, ma soprattutto in quella grazia che accompagna chi confida nel Signore (cfr Sal 31,10).
Lo sviluppo dei popoli si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si può disporre in
misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri. In questo peculiare pensiero solidale, noi ravvisiamo la tensione alla verità da cercare, conoscere e attuare. Ravvisiamo,
altresì, il tentativo di valorizzare al meglio il patrimonio di cui tutti disponiamo, cioè la nostra intelligenza, la capacità di capire i problemi e di farcene carico, la creatività nel risolverli. Vi cogliamo soprattutto il comando
del Signore, che ci spinge a metterci a servizio gli uni degli altri (cfr Gv 13,14 e Gal 6,2), perché soltanto questa reciprocità d’amore ci permette di essere riconosciuti da tutti come suoi discepoli (cfr Gv 13,35). Il nostro guardare al Paese, con particolare attenzione al Mezzogiorno, vuole essere espressione, appunto, di quell’amore intelligente e
solidale che sta alla base di uno sviluppo vero e giusto, in quanto tale condiviso da tutti, per tutti e alla portata di tutti.
Ci piace riaffermare, con Giovanni Paolo II, che spetta «alle genti del Sud essere le protagoniste del
proprio riscatto, ma questo non dispensa dal dovere della solidarietà l’intera nazione». La Chiesa non si tira indietro di fronte a tale compito, perché nessuno, proprio nessuno, nel Sud deve vivere senza speranza. In questo spirito,
il presente documento è il frutto di un cammino di riflessione e di condivisione promosso dai Vescovi delle diocesi meridionali e condiviso da tutto l’episcopato italiano, confluito nel Convegno Chiesa nel Sud, Chiese del Sud,
celebrato a Napoli il 12-13 febbraio 2009, con l’apporto qualificato delle Facoltà teologiche e dei centri di studio meridionali.
3. L’Eucaristia: fonte e culmine della nostra condivisione
La condivisione è il valore su cui, prioritariamente, vogliamo puntare. È un valore che ci è singolarmente congeniale; infatti trova origine e compimento nell’Eucaristia che, come discepoli del Signore, non possiamo disattendere nella sua
esemplarità.
Nella prima moltiplicazione dei pani e dei pesci, in cui l’evangelista Matteo prefigura la condivisione del
banchetto eucaristico (cfr Mt 14,13-21), Gesù dà ai suoi discepoli l’incarico di sovvenire ai bisogni della gente che lo seguiva: «voi stessi date loro da mangiare» (14,16).
I termini usati per descrivere l’operato del Signore − in cui i discepoli vengono coinvolti e investiti di una
diretta responsabilità − configurano, in un crescendo d’intensità, una triplice scansione dell’intervento in favore della folla. C’è anzitutto l’osservazione obiettiva della situazione. Segue il calcolo concreto delle risorse disponibili
e la realistica consapevolezza del deficit con cui fare i conti. Infine troviamo l’assunzione di una responsabilità per gli altri, che si compie nello spazio creativo dell’iniziativa divina: «alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla» (14,19). Nella sequenza eucaristica s’iscrive la consegna profetica del pane
spezzato, che basterà e avanzerà (cfr 2Re 4,43).
Donare senza trattenere per sé: in ciò consiste lo specifico servizio dei discepoli di Gesù verso il mondo,
un servizio la cui qualità ed efficacia non dipendono da un calcolo umano. Si tratta, infatti, non soltanto del “fare” a cui sono abituati i governanti delle nazioni, ma del “consegnare a Dio” − nello spazio orante del discernimento
spirituale e pastorale − tutto ciò che si condivide con la gente, cioè i pochi pani e i pochi pesci. In questa condivisione riuscita l’Eucaristia si rivela veramente come la fonte e il compimento della vita della Chiesa.
Facendo nostre le parole di Benedetto XVI sulla “centralità eucaristica”, vogliamo ribadire che l’Eucaristia
non si limita a disegnare l’immagine esemplare della Chiesa o a darle quell’energia spirituale della quale ha bisogno, ma le conferisce anche la forma, realizzando già al massimo grado, perché compiute in unione con Cristo,
tutte quelle azioni che siamo chiamati a prolungare nella storia. Da questa inesauribile sorgente, tutti attingiamo forza (cfr Ef 6,10).
Per rispondere all’appello del Signore oggi, fondati nell’Eucaristia e nella sua esemplarità di condivisione,
vogliamo qui riflettere sulla condizione del nostro Mezzogiorno.
altre news le potete trovare sul sito www.exallievidonbosco.com
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