«Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11) Presentazione della Strenna 2012 Conoscendo e imita...
«Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10,11)
Presentazione della Strenna 2012
Conoscendo e imitando Don Bosco,
facciamo dei giovani la missione della nostra vita
Il primo anno del triennio di preparazione al bicentenario della
nascita di Don Bosco è tutto centrato sulla conoscenza della sua
storia. Dobbiamo studiarlo e, attraverso le vicende della sua vita,
dobbiamo conoscerlo come educatore e pastore, fondatore, guida, come
legislatore. Si tratta di una conoscenza che conduce all’amore e
all’imitazione. Questo è il tema della Strenna 2012.
Per noi membri della Famiglia salesiana, per chi a Don Bosco si
rivolge come a punto di riferimento, la sua figura deve essere ciò che
San Francesco d’Assisi è stato e continua ad essere per i Francescani o
Sant’Ignazio di Loyola per i Gesuiti, vale a dire il fondatore, il
maestro di spirito, il modello di educazione e soprattutto l’iniziatore
di un movimento di risonanza mondiale, capace di proporre
all’attenzione della Chiesa e della società, con una formidabile forza
d’urto, i bisogni dei giovani, la loro condizione, il loro futuro. Ma
come fare questo senza rivolgerci alla storia, che non è la custode di
un passato ormai perduto, bensì di una memoria vive che è dentro di noi
e ci interpella in funzione di attualità?
L’approccio a Don Bosco, fatto con i metodi propri della ricerca
storica, ci ha portati a meglio comprendere e misurare la sua grandezza
umana e cristiana, la sua genialità operativa, le sue doti di
educatore, la sua spiritualità, la sua opera, pienamente comprensibile
solo se profondamente radicata nella storia della società in cui visse.
Nello stesso tempo nella conoscenza della sua vicenda storica siamo
sempre rimasti consapevoli dell’intervento provvidenziale di Dio nella
sua vita. In questo studio storico non c’è nessun rifiuto aprioristico
delle validissime e rispettabilissime immagini di Don Bosco che
generazioni di Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Salesiani
Cooperatori e membri della Famiglia Salesiana hanno avuto, del Don
Bosco che essi conosciuto e amato, ma c’è e ci deve essere la
presentazione e la rielaborazione di un’immagine di Don Bosco che sia
attuale, parli al mondo di oggi, si avvalga di un linguaggio rinnovato.
L’immagine di Don Bosco e della sua azione va ricostruita seriamente,
a partire dal nostro orizzonte culturale: dalla complessità della vita
di oggi, dalla globalizzazione, dalle difficoltà di apostolato, dalla
diminuzione delle vocazioni, dalla “messa in questione” della vita
consacrata. I cambiamenti radicali, o epocali come li chiamava il mio
predecessore don Egidio Viganò, ci costringono a rivedere tale immagine
e a ripensarla sotto altra luce, per una fedeltà che non sia
ripetizione di formule e ossequio formale alla tradizione.
L’importanza storica di Don Bosco è da rintracciare, oltre che nelle
«opere» e in alcuni elementi pedagogici relativamente originali,
soprattutto nella sua percezione concreta e affettiva della portata
universale, teologica e sociale del problema della gioventù «abbandonata», e nella sua grande capacità di comunicarla a larghe schiere di collaboratori, di benefattori e di ammiratori.
Domandiamoci: siamo noi oggi fedeli discepoli di Don Bosco?
Viviamo ancora la tensione che egli ha vissuto fra ideale e
realizzazione, fra intuizione e sua incarnazione nel tessuto sociale in
cui si trovava ad operare?
Essere fedeli a don Bosco significa conoscerlo nella sua storia e
nella storia del suo tempo, fare nostre le sue ispirazioni, assumere le
sue motivazioni e scelte.
Essere fedeli a don Bosco e alla sua missione significa coltivare in
noi un amore costante e forte nei confronti dei giovani, specialmente i
più poveri.
Tale amore ci porta a rispondere ai loro bisogni più urgenti e
profondi. Come Don Bosco ci sentiamo toccati dalle loro situazioni di
difficoltà: la povertà, il lavoro minorile, lo sfruttamento sessuale,
la mancanza di educazione e di formazione professionale, l’inserimento
nel mondo del lavoro, la poca fiducia in se stessi, la paura davanti al
futuro, lo smarrimento del senso della vita.
Con affetto profondo e amore disinteressato cerchiamo di essere
presenti in mezzo a loro con discrezione e autorevolezza, offrendo
proposte valide per il loro cammino, le loro scelte di vita e la loro
felicità presente e futura; in tutto ciò ci rendiamo loro compagni di
cammino e guide competenti.
In particolare, riferendoci ai giovani di oggi, cerchiamo di
comprendere il loro nuovo modo di essere. Molti di loro sono dei
“digital natives” che attraverso le nuove tecnologie cercano esperienze
di mobilitazione sociale, possibilità di sviluppo intellettuale,
elementi di progresso economico, forme di comunicazione istantanea,
opportunità di protagonismo, … Anche in questo campo vogliamo
condividere la loro vita ed i loro interessi. Animati dallo spirito
creativo di Don Bosco, noi educatori, ci facciamo vicini come “digital
immigrates”, cercando di aiutarli a superare il gap generazionale con i
loro genitori o il mondo degli adulti.
Ci prendiamo cura di loro durante tutto il loro cammino di crescita e
maturazione, dedicando loro il nostro tempo e le nostre energie e
stando con loro, nei momenti che vanno dalla fanciullezza alla
giovinezza.
Ci prendiamo cura di loro, quando difficili situazioni, come la
guerra, la fame, la mancanza di prospettive, li portano all’abbandono
della propria casa e famiglia e si trovano soli ad affrontare la vita.
Ci prendiamo cura di loro, quando sono ansiosamente alla ricerca di
una prima occupazione di lavoro e si impegnano a inserirsi nella
società, talvolta senza speranza e prospettive di riuscita.
Ci prendiamo cura di loro, quando stanno costruendo il mondo di loro
affetti, la loro famiglia, soprattutto accompagnando il loro cammino di
fidanzamento e i primi anni del loro matrimonio (cfr. GC26,
98.99.104).
Ci sta particolarmente a cuore colmare il vuoto più profondo del loro
cuore, aiutandoli nella ricerca di senso della loro vita e soprattutto
offrendo un percorso di crescita nella conoscenza e nell’amicizia con
il Signore Gesù, nell’esperienza di una Chiesa viva, nell’impegno
concreto di vivere la loro vita come una vocazione.
A partire dalla conoscenza della storia di Don Bosco, i grandi punti
di riferimento e gli impegni della Strenna del 2012 sono i seguenti.
- La carità pastorale caratterizza tutta la storia di
Don Bosco ed è l’anima delle sue molteplici opere. Potremmo dire
che essa è la prospettiva storica sintetica attraverso la quale
leggere tutta la sua esistenza. Il Buon Pastore conosce le sue pecore e
le chiama per nome; egli le disseta ad acque cristalline e le
pascola in prati verdeggianti; diventa la porta attraverso la
quale le pecore entrano nell’ovile; da’ la propria vita affinché
le pecore abbiano vita in abbondanza. La forza più grande del
carisma di Don Bosco consiste nell’amore che viene attinto
direttamente dal Signore Gesù, imitandolo e rimanendo in Lui.
Questo amore consiste nel “dare tutto”. Da qui promana il suo voto
apostolico: “Ho promesso a Dio che sino all’ultimo respiro della
mia vita sarà per i miei giovani poveri”. Questo è il nostro marchio
e la nostra credibilità presso i giovani! - Nella storia di Don Bosco conosciamo le tante fatiche, rinunce, privazioni, sofferenze,
i numerosi sacrifici che egli ha fatto. Il buon pastore dà la
vita per sue pecore. Attraverso i bisogni e le richieste dei
giovani, Dio sta chiedendo a ogni membro della Famiglia salesiana
di sacrificare se stesso per loro. Vivere la missione non è dunque
un attivismo vano, ma piuttosto un conformare il nostro cuore al
cuore del Buon Pastore, che non vuole che alcuna delle sue pecore vada
perduta. E’ una missione profondamente umana e profondamente
spirituale. E’ cammino di ascesi; non c’è presenza animatrice tra i
giovani senza ascesi e sacrificio. Perdere qualcosa, o meglio,
perdere tutto per arricchire la vita dei nostri giovani è il
sostegno della nostra dedizione e del nostro impegno. - Nel verbale di fondazione della Congregazione salesiana e
soprattutto nello sviluppo storico della molteplice opera di Don
Bosco, possiamo conoscere le finalità della Famiglia salesiana,
che a poco a poco si andavano delineando. Noi siamo chiamati ad
essere apostoli dei giovani, degli ambienti popolari, delle zone
più povere e missionarie. Oggi più che mai ci impegniamo a
comprendere e assumere criticamente la cultura mediatica e ci
serviamo dei mezzi di comunicazione sociale, in particolare delle
nuove tecnologie, come potenziali moltiplicatori della nostra
azione di vicinanza e di accompagnamento dei giovani. Mentre siamo
in mezzo a loro come educatori, li coinvolgiamo come nostri primi
collaboratori, esattamente come ha fatto il nostro Padre, diamo
loro responsabilità, li aiutiamo ad assumere iniziativa, li
abilitiamo a essere apostoli dei loro coetanei. In questo modo noi
possiamo dilatare sempre di più il grande cuore di Don Bosco, che
avrebbe voluto raggiungere e servire i giovani in tutto il mondo. - I nostri buoni propositi non possono rimanere vuote
dichiarazioni. Come Don Bosco, oggi Dio ci attende nei giovani!
Dobbiamo perciò incontrarli e stare con loro nei luoghi,
situazioni e frontiere dove essi ci aspettano; per questo occorre
andare loro incontro, fare sempre il primo passo, camminare
insieme a loro. E’ consolante vedere come in tutto il mondo la Famiglia
salesiana si sta prodigando per i giovani più poveri: ragazzi di
strada, ragazzi emarginati, ragazzi lavoratori, ragazzi soldato,
giovani apprendisti, orfani abbandonati, bambini sfruttati; ma un
cuore che ama è sempre un cuore che si interroga. Anche oggi, o
forse oggi più che mai, Don Bosco si pone domande. Attraverso la
conoscenza della sua storia, dobbiamo ascoltare gli interrogativi di Don Bosco
rivolti a noi. Cosa possiamo fare di più per i giovani poveri?
Quali sono le nuove frontiere nella regione dove lavoriamo, nel paese in
cui viviamo? Abbiamo orecchi per ascoltare il grido dei giovani
di oggi? Oltre alle già citate povertà, quante altre
appesantiscono il cammino dei giovani di oggi? Quali sono le nuove
frontiere in cui oggi dobbiamo impegnarci? Pensiamo alla realtà
della famiglia, alla emergenza educativa, al disorientamento
nell’educazione affettiva e sessuale, alla mancanza d’impegno
sociale e politico, al riflusso nel privato della vita personale,
alla debolezza spirituale, alla infelicità di tanti giovani.
Ascoltiamo il grido dei giovani e offriamo risposte ai bisogni più
urgenti e più profondi, ai bisogni più concreti e a quelli
spirituali. - Dalla sua vicenda personale noi possiamo conoscere le risposte di Don Bosco
di fronte ai bisogni dei giovani. In questo modo possiamo meglio
considerare le risposte che già abbiamo messo in atto e quali altre
risposte da creare. Certo le difficoltà non mancano. Si dovranno pure
“affrontare i lupi” che vogliono divorare il gregge:
l’indifferentismo, il relativismo etico, il consumismo che
distrugge il valore di cose ed esperienze, le false ideologie. Dio
ci sta chiamando e Don Bosco ci incoraggia ad essere Buoni
Pastori, ad immagine del Buon Pastore, perché i giovani possano
ancora trovare Padri, Madri, Amici; possano trovare soprattutto
Vita. Di più, la Vera Vita, la vita in abbondanza offerta da Gesù! - Le Memorie dell’Oratorio di San Francesco, scritte
da Don Bosco per richiesta esplicita del Papa Pio IX, sono un
punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale
e pastorale di Don Bosco. Sono scritte perché noi potessimo
conoscere gli inizi prodigiosi della vocazione e dell’opera di Don
Bosco, ma soprattutto perché assumendo le motivazioni e le scelte
di Don Bosco, ognuno di noi personalmente e ogni gruppo della
Famiglia salesiana potessimo fare lo stesso cammino spirituale e
apostolico. Esse sono state definite “memorie di futuro”. Perciò
durante quest’anno impegniamoci a conoscere questo testo, a
comunicarne i contenuti, a diffonderlo, soprattutto a metterlo
nelle mani dei giovani: esso diventerà un libro ispiratore anche per le
loro scelte vocazionali.
Don Pascual Chávez V., SDB
Rettor Maggiore
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